domenica 5 aprile 2009

Racconigi: Un sogno verde

Il castello Racconigi è uno di quei gioielli su cui è bene tornare più volte. Raccoglie in sé infatti alcune delle esperienze artistiche più utili a comprendere come si articolò la Restaurazione. Il Parco assume in questo contesto un significativo compito di raffigurazione simbolica delle istanze politiche che dal Congresso di Vienna metteranno le basi dell’Unità Nazionale.

In pieno clima di Restaurazione, quando con fretta vengono rispolverate le parrucche dell’Ancien Regime, nel 1820, Carlo Alberto commissiona a Xavier Kurten la realizzazione del suo parco romantico, con l’obiettivo di cancellare le rigide geometrie seicentesche di Le Notre, che bene avrebbero rappresentato invece le glorie dell’assolutismo. Questo progetto liberale riprende però alcune istanze già iniziate prima della parentesi napoleonica. Carlo Alberto riaggiorna infatti il sogno verde di Giuseppina di Lorena, sua nonna, che alla fine del 700, seguendo il gusto pre-romantico, sulla scia di Rousseau e Maria Antonietta inizia il processo di smantellamento del rigido protocollo verde di Le Notre per intraprendere la costruzione di un parco da sogno, in cui favole e miti romantici si rincorrono ed intrecciano in quadri e scene bucoliche, riproponendo le delizie de l’”Hameau de la Reine” di Versailles volute in Francia dalla regina ghigliottinata.

Il parco di bambole della nonna, orrore per i giacobini, rappresenta in sé una possibile terza via su cui costruire il futuro della corona.
Ma i tempi di Carlo Alberto non sono più quelli in cui favoleggiare di arcadici villaggi bretoni. Pur partendo dal concetto romantico di natura, Xavier Kurten riconfigura il parco secondo una geometria grandiosa, non più rigida come nei parchi alla francese, ma flessibile, secondo un piano che per metodicità e visione risulta simile ad un grande progetto urbanistico.

Lo storicismo ed il medievalismo della restaurazione, si ammantano qui di un primo sapore scientifico. Il parco risulta un segno di innovazione, un esercizio di rinnovamento. Dal grande prato, dagli alberi romanticamente contorti, dai ruscelli e dai piccoli ponti sospesi potrebbe certo potremmo vedere uscire un cavaliere in lucente armatura, così imponeva il gusto dell’epoca, ma il romanticismo messo in atto da Carlo Alberto e dal Kurten, non ha nulla a che vedere con lo storicismo mitico e rassicurante del D’Azeglio, con il cieco e bigotto conservatorismo che caratterizzava il Piemonte in quegli anni. Un cavaliere sbuca dal bosco sì, ma per studiare le specie e la botanica.

In linea con il sogno della nonna Carlo Alberto cerca di creare immagini e suggestioni, ma la visione d’insieme, le prospettive dei prati all’inglese , l’alternarsi di ponti e radure rende più simile il progetto di costruzione semantica del territorio vercellese ai tempi di Cavour.

Pare quasi che attraverso l’orizzontalità degli spazi, attraverso il colpo d’occhio che in uno sguardo abbraccia l’intero microcosmo del parco, attraverso il susseguirsi di perizie tecniche ed innovazioni, il parco divenga metafora di un potere che progetta ed innova. Sembra che Xavier Kurten anticipi e precorra le esigenze del monarca, costruendo per lui non, come forse avrebbe desiderato, un modellino da Medievo giocattolo, ma un progetto ambizioso di tecnica ed ingegneria geometrica, ammantato da una maschera neogotica.
Anni dopo sarà il Palagi nella Margaria, sempre per lo stesso re, a nascondere dietro una facciata neogotica, un avanzato centro di attività produttive e di sperimentazione di tecniche botaniche. Ma se il neogotico poteva essere una rassicurante maschera davanti all’innovazione, il piano verde del giardino di Racconigi rappresenta senza finzioni una via ambiziosa per levarsi per sempre le parrucche pur mantenendo potere e controllo.

2 commenti:

kiki ha detto...

amo molto il giardino di racconigi. HAi visto le installazioni che organizzano d'inverno?

ao ha detto...

si avevo visto quella su Josephine di Lorena Carignano e mi aveva incantato!